Testo a cura di: Caterina Padoan e Irene Sevarin.

Foto di: Valentina Zanaga.

“Il labirinto” è un progetto che nasce nel 2020, quando il comune di Bologna chiese alla compagnia “Teatro dell’Argine”, fondata da Andrea Paolucci, di provare ad usare l’arte per capire perché certi ragazzi smettono di andare a scuola, cercando un metodo per evitarlo. 

Per riuscire nel loro intento, chiesero a cinquecento adolescenti che non frequentavano corsi teatrali di creare un progetto per migliorare la scuola. Tra questi emersero quattordici storie, usate poi dalla compagnia nel progetto che poi è diventato “Il labirinto”, accomunate dal fatto che tutti i protagonisti si sentono soli.

La tecnologia non era inizialmente prevista, ma, sotto consiglio dell’azienda che si sarebbe dovuta occupare dell’aspetto tecnologico, si decise di rendere l’esperienza completamente virtuale.

Lo scopo di questo spettacolo è quello di coinvolgere più fasce d’età e di rendere più consapevoli gli adulti delle problematiche adolescenziali.

Le reazioni sono diverse tra adolescenti e adulti: i primi prestano più attenzione e sono più tranquilli nell’affrontare l’esperienza, i secondi ne escono più sconvolti ma riescono a gestire meglio le loro emozioni. Tuttavia ci sono anche persone, di ogni età, che non riescono a concludere l’itinerario, poiché la tecnologia è così immersiva e realistica da causare reazione emotiva forte, nonostante la compagnia abbia cercato di addolcire le scene più crude.

“All’inizio avevo paura che sarebbe stato qualcosa di un po’ scontato, invece tutte e quattordici le storie erano raccontate in maniera originale e sempre nuova. Per me, la cosa più rilevante del labirinto è stata la tecnica con la quale hanno deciso di raccontare le varie storie e unirle in una struttura più grande”, dice Livia, dopo aver preso parte al laboratorio.

Per questo è molto importante la presenza degli “angeli custodi”, operatori che accompagnano dall’esterno il partecipante, che creano un rapporto umano ed empatico, proprio come durante uno spettacolo teatrale.

“Fare l’angelo custode è stata un’esperienza bellissima. Il fatto di aiutare gli altri, essere a disposizione è qualcosa che può mettere a proprio agio coloro che partecipano, anche se dipende dalla persona. Il tuo angelo ha il compito di aiutarti a capire come funziona il visore e di starti sempre accanto, anche durante i momenti più difficili nel corso delle storie. La formazione è l’aspetto più complesso, ma ne vale la pena, perché poi ti fa sentire anche più responsabile”, afferma Vittoria, uno degli angeli custodi.

“Il fatto di essere smossi dentro, perchè alcune di queste storie ti parlano e ti toccano, innesca poi la possibilità da parte dei ragazzi di parlarne con gli adulti”, queste sono le parole di Andrea Paolucci.

“Ognuno ha la sua storia del cuore perché sia adulti che ragazzi magari hanno una di quelle quattordici storie vicino. Da parte mia non ce n’è una più intensa delle altre”, conclude il fondatore della compagnia.