Teniamoci svegli

La tavola rotonda del 1 ottobre 2022 al festival “Tensoni” fa ciò che promette: ci tiene svegli su tematiche così tanto vicine all’uomo da essere date per scontate, accende una lampadina in noi facendoci riflettere su come lo stile i vita comodo costi sia a noi sia all’ambiente.

La tavola rotonda presieduta dall’ingegnere Guido Scaccabarozzi per l’associazione Demetra,  Paola Segurini per Lav , Matteo Cesaretto per il progetto Centoboschi dell’associazione “Il tarassaco” e Diego Fenza per “Plastic free”.

La prima tematica affrontata è ciò che mangiamo e come può cambiare il mondo. Di fatto ciò che si mangia può uccidere e mettere a rischio l’ambiente. Ne parlano Guido Scaccabarozzi e Paola Segurini, che raccontano come il consumo di carne costi molto caro all’ambiente. Lo spiegano in modo semplice traducendo i costi ambientali in denaro. La carne bovina ha il più alto tasso di emissione di anidride carbonica (CO2), non solo per le emissioni di gas bovine, che costituiscono una percentuale minima delle emissioni, ma per la produzione e il trasporto di foraggio, la macellazione, la lavorazione, l’imballaggio e la distribuzione della carne.

Foto di Viviana Milani
Foto di Viviana Milani

Dopo i bovini l’allevamento più costoso è quello dei suini, del pollame e delle altre carni. Al contrario della carne, la produzione e consumazione di legumi ha un impatto minimo se non nullo, pari a 0,15 euro a livello ambientale. Ma il consumo di carne non incide solo sull’ambiente, ma anche sulla salute umana, provocando malattie come il carcinoma del colon retto, il diabete di tipo due, l’ictus e le malattie cardiovascolari.

 Siamo tutti gocce in un oceano

Dice Matteo Cesaretto, un uomo semplice e sorridente, che rappresenta il progetto Centoboschi: iniziativa che non vede numeri molti alti, ma che nel suo piccolo fa la differenza. Centoboschi mira alla tutela dell’ambiente, proponendo una maggiore sensibilità ecologica e promuovendo la piantagione di alberi nelle campagne.

L’approccio dell’associazione è moderno, con la proposta “Adotta un albero” che vuole costruire un’oasi di biodiversità: con una donazione si fa piantumare un albero e lo si può seguire durate la crescita.

Foto di Viviana Milani
Foto di Viviana Milani

Diego Faenza prende l’ultima parola.  “Plastic free” è un’associazione di volontariato nata nel 2019, che ha come scopo sensibilizzare sull’inquinamento della plastica. Organizzando incontri per la raccolta della plastica: camminate plastic free e plogging day (ovvero chiunque faccia una passeggiata durante questo giorno è invitato a raccogliere i rifiuti), l’organizzazione va fiera dei suoi volontari, “La marea blu” (dovuta al colore delle magliette offerte agli associati) che ha raccolto circa due milioni di chili di plastica risparmiati all’ambiente. Il logo è una tartaruga, un animale che ha visto millenni di esistenza, che ha affrontato mille difficolta e che ha sfidato tutte le estinzioni, ma che ora è in grave pericolo per l’enorme quantità di plastica presente nei mari, scambiata per cibo.

“Siamo gocce in un oceano”, ha detto appunto, Matteo Cesaretto; gocce che non fanno la differenza per nessuno e che non portano il peso del mondo sulle spalle; gocce, piccole, insignificanti, nell’oceano infinito in cui il singolo si perde; forse è vero: il singolo non è responsabile dell’inquinamento di tutti e non può risolverlo da solo. Ma è anche vero che senza ogni goccia l’oceano sarebbe asciutto. Questo non ci rende cattive persone, ci rende umani, che hanno sbagliato e hanno rischiato di uccidere il loro unico mondo; ma se agiamo ora, magari possiamo risolvere questo enorme disastro e ricordare che quelle gocce insignificanti possono sempre creare una bellissima “Marea blu”.

Claudia Dal Bello