Sara Zampollo fa riflettere su una tematica apparentemente superficiale: la moda, che nasconde una realtà che non si vuole vedere, che sembra irreale e distante. La voglia di avere e possedere sempre di più degli occidentali continua a togliere a chi ha già poco.

Immagini toccanti aprono la conferenza, si alternano scene del mondo occidentale quello “favorito” e contrapposte ai lavoratori ai quali non viene riconosciuta la fatica: grandi brand che nascondono situazioni nascoste di sfruttamento, un’ingiustizia alla quale non si può voltare le spalle. Il lavoro di milioni di persone, soprattutto donne e bambini , che vengono nascosti dietro facciate apparentemente pulite dei brand famosi. Una retribuzione minima in cambio di orari lavorativi disumani, per guadagnare sulla vita di qualcun altro. Ingiustizia e sfruttamento quindi sono i costi nascosti dietro i vestiti.

Per capire che colore andrà di moda la prossima stagione basta guardare il colore del fiume

Logo di Shein, e-commerce low cost che ha spopolato anche in Italia

Sono le parole toccanti degli abitanti dei paesi sfruttati per la produzione dei vestiti, che vedono i loro corsi d’acqua inquinati e tinti dai coloranti chimici per i tessuti. Una presa di coscienza per i partecipanti, che con sguardi interessati e rattristati sono colpiti dalle immagini di queste persone che vengono schiacciate dal consumismo occidentale.

L’e-commerce come Shein porta all’estremo il concetto di fast fashion. Gli abiti sono comprati compulsivamente per riempire un vuoto psicologico, il cosiddetto “shopping terapeutico” che spinge a comprare articoli che poi non vengono indossati, producendo così milioni di tonnellate di rifiuti tessili.

Però non sono solo le ingiustizie ad essere nascoste dietro il “fast fashion”. La moda è una delle industrie con il più grande impatto ambientale. I grandi brand infatti mirano a spendere poco sulla produzione per aumentare il guadagno, spostando le produzioni da un continente all’altro e comprando le diverse componenti in tanti luoghi a seconda del prezzo più basso. Così i vestiti, prima di arrivare nei negozi, possono percorre migliaia di chilometri, creando un esponenziale inquinamento dovuto ai gas nocivi per i trasporti.

L’industria della moda ha anche un costo per i consumatori, dovuto agli alti standard fisici irraggiungibili ovvero eccessiva magrezza e bellezza: che si traducono in insoddisfazione costante e disturbi psico-fisici soprattutto alle ragazze giovani condannate all’inseguimento di modelli irrealistici.

Sara Zampollo ha dato voce a realtà italiane che cercano di portare un cambiamento in questo settore introducendo al pubblico le soluzioni di acquisto di capi di abbigliamento second hand e vintage e presentando siti e app disponibili che aiutano i consumatori a orientarsi negli acquisti consapevoli, come Vinted.

La moda costa, ai lavoratori, all’ambiente e ai consumatori, la vera domanda è: siamo disposti a pagare un prezzo così alto per vanità?

Rossella Guasti, Claudia Dal Bello, Irene Tomasi