PERFORMANCE

“MY BEAST IS COMING OUT”

di EMANUELA SERRA

Nel secondo pomeriggio della prima giornata del festival, Emanuela Serra si è esibita in una performance che vedeva fondersi parola e corpo in una reciproca interazione capace di suscitare sentimenti profondi e contrastanti nel pubblico ammaliato. 

Emanuela Serra, nata a Torino nel 1980, è una tra i fondatori di “Balletto civile”, compagnia di teatro che lavora sulla drammaturgia fisica, ossia “su quell’ interazione che noi troviamo fondamentale tra parola e corpo”- come ha spiegato la performer stessa. 

“Sono una piccola stacanovista,- dice di sé Emanuela Serra – lavoro tantissimo, mi faccio ossessionare dalle cose e sono abbastanza curiosa dal punto di vista artistico”. 

Cos’è Loose dogs e com’è nato? Lei sorridente ed emozionata risponde: “Questo spettacolo è stato pensato per essere un site- specific: infatti quando è possibile preferiamo metterlo in scena non in un teatro vero e proprio, ma in uno spazio dove questo si possa adattare. La performance nasce da una serie di testi che ho scritto per poetry slam e di riflessioni sul contemporaneo scaurite da eventi a cui ho assistito, da notizie di cronaca, storie di persone che ho incontrato. Queste esperienze hanno scatenato in me dei pensieri che ho avuto la necessità di riscrivere e rielaborare in chiave poetica.” 

In questa performance viene rappresentata la storia di un animale da bar, né uomo né donna, una “vecchia roccia, uno di quelli che fanno colazione alle sei di mattina con la grappa, che vanno nei campi a lavorare e che sanno tutto loro”. Qualcosa dentro questo personaggio che pensa di essere invincibile si spezza, portandolo a doversi scontrare con la fuoriuscita della propria anima. 

foto di Emma Fabbian
Noi saremo il popolo di nomadi più numeroso del ventunesimo secolo
foto di Emma Fabbian
Dio, che non esistano difensori per i carnefici

foto di Emma Fabbian
La distanza tra me e te è pari alla distanza tra te e l’abisso dentro cui non sei caduto

Il pubblico si siede: il protagonista lo stava aspettando, appoggiato al bancone con in mano una bottiglia di birra. Si potrebbe dire che lo spettacolo non presenti quindi un vero e proprio “inizio”.  Il personaggio comincia a muoversi sdraiandosi, dondolandosi, ergendosi in piedi, sedendosi sul bancone del bar. Comincia a parlare in modo quasi poetico.

Al contempo inizia a prendere possesso della scena: con movimenti camaleontici permette a corpo e spazio di diventare un tutt’uno. I suoi sentimenti, il suo disagio vengono espressi con estrema accuratezza mediante movenze animalesche: striscia, salta, cammina in modo scoordinato, si arrampica, alienandosi sempre di più dalla dimensione umana. I suoi movimenti circolari cingono lo spettatore, lo costringono a prendere parte della sua inquietudine.  I movimenti turbano l’anima, la musica dirotta le emozioni del pubblico verso quelle del protagonista, le parole ipnotizzano la mente; l’irrequietezza dello spettatore è aumentata dalla ripetizione di certe frasi, dal passaggio dall’italiano all’inglese, dall’alternarsi di lunghi periodi di silenzio a frenetici momenti di monologo. 

Lo spettacolo finisce con l’uscita di scena del personaggio, lasciando attoniti gli spettatori che escono dalla sala scossi per via dell’inquietudine, solitudine, ansia, disperazione, perdita e dolore trasmessi loro dal protagonista.

Emma Fabbian, Alfonso Ferrarese